“E’ un buon libro quello che
si apre con aspettativa e
si chiude con profitto”.
A.B. Alcott
Le domande più frequenti che mi sento porre mentre faccio colazione al bar o quando qualche nuova conoscenza mi chiede che lavoro faccio sono: “Ma come funziona? Quando uno viene da te cosa fai? Come lo curi visto che i farmaci non li dai?”
Spesso le aspettative sono distorte. Spesso si pensa che sia come andare dal medico: quando arriviamo gli raccontiamo punto per punto tutti i sintomi, lui arriva a formulare una diagnosi e ci prescrive una medicina che nel giro di pochi giorni, come una magia, toglierà la malattia. Allo stesso modo le persone che si rivolgono allo psicologo si aspettano che al posto del farmaco il professionista fornisca qualcosa…consigli, suggerimenti, massime di vita…da “assumere tutti i giorni dopo i pasti”.
E’ vero che la “magia” della psicoterapia risiede nelle parole, tuttavia la persona non può essere passiva nel percorso terapeutico e attendersi che il professionista risolva problemi che riguardano pensieri, comportamenti, convinzioni radicate di qualcun altro.
La persona stessa è il massimo esperto del suo problema, in quanto lo vive sulla sua pelle e ne sperimenta le conseguenze. E’ necessario dunque che fornisca una finestra sulla situazione e che sia disposto a cambiare panorama.
Devo cominciare a raccontare dalle elementari o dalla scorsa settimana? Devo parlare del problema che mi affligge o di quello che penso io in merito al mio disagio? Non c’è una scaletta predefinita, l’importante è partire. Se pensiamo di non riuscire a partire non spaventiamoci, lo psicologo è lì apposta per aiutare a raccontarci. Se preferite che sia lo psicologo a farvi domande, lo farà. Un professionista competente deve modellare il proprio lavoro sulla persona che ha di fronte, dunque non dovreste mai sentirvi costretti o a disagio durante un colloquio.
Poi, in base all’approccio teorico del terapeuta, ci sono psicologi che intervengono di tanto in tanto, altri che invece intervengono spesso.
Anche la durata di un colloquio dipende dall’approccio dello psicologo/psicoterapeuta. Generalmente definisco la durata in base alle esigenze e agli obiettivi della seduta.
Tendenzialmente i colloqui durano dai 45 minuti a un’ora, ma, se ritengo che il lavoro con la persona sia stato già sufficientemente proficuo in un tempo inferiore o che sia necessario un tempo superiore per delineare meglio certi argomenti o raggiungere determinati punti chiave, la durata può variare.
Qualsiasi variazione è soggetta a una valutazione dello psicologo in base ad un lavoro per obiettivi che si avvale di metodi e strumenti validati.
Dunque, non preoccupatevi dell’orologio.
Ormai è pratica diffusa e i pazienti, soprattutto quelli che sono stati precedentemente da un collega, si aspettano di averli. Mi sono capitate persone che dopo 5 minuti di colloquio hanno estratto dalla borsa una penna e un quadernone, pronti a scriversi il manuale di istruzioni per il cambiamento.
Spesso anch’io nella pratica terapeutica chiedo alla persona di fare delle cose a casa tra una seduta e l’altra. Questa è una metodologia consolidata che può avere scopi differenti, dall’introdurre piccoli cambiamenti nella vita quotidiana al raccogliere informazioni nel contesto problematico che la persona non pensa siano rilevanti per la terapia.
Non tutti i terapeuti però danno compiti a casa. E soprattutto non tutti i terapeuti danno compiti a casa a tutti i pazienti. Anche qui, l’approccio dipende dalla persona che chiede consulenza e dall’esigenza sottostante, dunque dalla valutazione della situazione da parte del professionista.
Innanzitutto il professionista è tenuto a farvi firmare una dichiarazione di autorizzazione al trattamento dei dati sia generici sia sensibili e rilasciarne copia previa richiesta, rispettando in questo modo la normativa sulla Privacy.
Un altro obbligo consiste nel rilascio di documentazione fiscale del pagamento (fattura/ricevuta): non tutti sanno che la psicoterapia è una spesa sanitaria, così come tutte le altre spese di tipo medico, pertanto è detraibile dalle imposte. Sapere che la spesa è detraibile può anche influenzare la percezione delle proprie possibilità economiche nell’intraprendere un percorso psicologico.
Questo vale per gli interventi psicoterapici, le consulenze, i colloqui di sostegno, le diagnosi finalizzate all’ottenimento della patente di guida, delle pensioni d’invalidità e del porto d’armi e qualsiasi intervento mirato al cambiamento dei singoli e dei gruppi. Mentre, le prestazioni di formazione, le consulenze tecniche di parte, le consulenze aziendali richiedono l’iva, pertanto non possono essere considerate spesa sanitaria.
Un altro obbligo dello psicologo psicoterapeuta consiste nel rispetto del Segreto Professionale e di tutte le norme deontologiche descritte nel Codice Deontologico degli Psicologi, pena sanzione disciplinare. Pertanto non può essere veritiera la preoccupazione che le cose raccontate allo psicologo arrivino alle orecchie di amici, parenti e familiari, neppure se il professionista in questione li conosce. Allo stesso modo lo psicologo non può intrattenere relazioni intime (amicali, parentali, sentimentali o sessuali) con il paziente, questo per evitare che il suo lavoro sia influenzato da scopi, interessi, emozioni o motivazioni personali.